La fuga 4 dicembre 1668
Con un
grande sparo uccidiamo, o almeno addormentiamo la guardia per un po', per far
riuscire la fuga. Senza perder tempo corriamo verso i bordi della nave; lo
scavalchiamo e ci tuffiamo in mare. Gli altri soldati, sentendo lo sparo,
vengono verso di per non farci scappare, ma ormai era troppo tardi, eravamo
scomparse nelle onde del mare aperto. Ci accorgiamo improvvisamente che la
scialuppa era bucata e stavamo affondando, l'acqua era marmata, si gelava, non
avevamo più le forze per andare avanti e così ci fermammo sotto la nave. Anche
se ormai eravamo sul punto di morire dovevo scappare prima che facesse giorno
così rivoltammo il resto della scialuppa e piano piano, con molta fatica,
andammo avanti e scappammo della nave; ormai eravamo lontane e non potevano più
trovarci...
Ce l'
avevamo fatta quando ad un certo punto sentimmo dei rumori, erano dei remi, un
caicco ci stava seguendo ed erano proprio i nostri compagni di ciurma. Finalmente
ci hanno trovate! Ci hanno fatto salire a bordo ormai congelate. Non ci
volevano dire dove ci stavano portando; Ci addormentammo e quando ci
svegliarono, eravamo ai piedi di un’isola, Pianosa. Ci hanno strattonato
portandoci in una zona dove ci hanno ordinato di costruire una struttura
fortificata forse di detenzione. Giorni
dopo giorno, notte dopo notte ci aspettavano lavori sempre più duri e faticosi.
Dovevamo costruire fortificazioni o celle molto piccole impossibili da buttare
giù e senza nessuna via di scampo. Il sole picchiava forte e noi, tutti i
giorni senza un minuto di riposo, eravamo lì che faticavamo sempre di più man
mano che andavamo avanti.
Ogni dieci venivano a controllarci
portando di tanto in tanto alcuni prigionieri.
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